mercoledì 14 novembre 2012

Pillole cinematografiche

Crazy, Stupid Love


Esattamente come suggerisce il titolo, "Crazy, Stupid Love" è un "crazy", "stupid" film.

Steve Carrell nei panni di un normalissimo borghese Americano: una bella casa, un lavoro, un'unica donna nella sua vita (sua moglie) e tre figli.
Il mondo di Carrell/Weaver si sgretola nell'esatto momento in cui la moglie gli confessa un tradimento.
Weaver (il personaggio di Carrell) passa le sue nottate nello stesso bar, a lamentarsi del tradimento della moglie, ubriacandosi e invidiando un po' l'aitante playboy (Gosling) che "rimorchia" ogni sera una ragazza diversa.
Gosling/Palmer prende Weaver sotto la sua ala protettiva, per avere successo con le donne, o meglio, con la di lui ex-moglie: gli insegna a vestirsi e a pettinarsi alla moda, a comportarsi in pubblico, a non piagnucolare per la vita perduta. Insomma, gli infonde un'alta dose di autostima.
Gosling, da parte sua, porta a casa ogni notte una donna diversa. Tranne una. Una, unica e sola che cederà al suo fascino solo quando la voglia di vendetta, per la mancata proposta di matrimonio del suo fidanzato, ha il sopravvento. La notte che i due passeranno insieme li porterà ad innamorarsi l'uno dell'altra, con il disappunto del di lei padre, lo stesso Carrell/Weaver, che conosce bene la fama di "sciupafemmine" di Palmer.
Nel frattempo Carrell/Palmer cerca di tornare insieme alla moglie, Julienne Moore, mai veramente dimenticata.
Sarà lieto fine e vero amore???

Trama scontata. 
Sceneggiatura un po' stupida.
Merita di essere visto solo per gli addominali di Ryan Gosling!

CRAZY, STUPID LOVE
Regia: Glenn Ficarra e John Requa
Interpreti: Steve Carrell (Carl Weaver) Ryan Gosling (Jacob Palmer) Julianne Moore (Emily Weaver) Emma Stone (Hannah Weaver)
Sceneggiatura: Dan Fogelman
Commedia, 118 min,  USA 2011, Warner Bros
Valutazione: **
Valutazione addominali di Gosling: *****
Qui il trailer del film.

venerdì 9 novembre 2012

Le Belve (recensione film)

Le Belve
Qui, comanda la Reína
di Francesca Magurno

Ben (Johnoson) e Chon (Kitsch) sono due ragazzi molto diversi.
Ben è un botanico, buddista e filantropo; Chon è un ex marine reduce dall’Afghanistan. A dispetto delle differenze, i due condividono una profonda e sincera amicizia nonché l’amore per la stessa ragazza, Ophelia, detta O (Lively).
I due ragazzi si guadagnano da vivere spacciando la migliore marijuana del sud California. Lo spaccio avviene sotto la protezione di un agente DEA corrotto (Travolta).
Ben presto, la loro attività infastidisce la Reína Elena (Hayek) a capo del catello (della droga) della Mexican Baja. La Reína cerca, dapprima, di entrare in affari con Ben e Chon ma al rifiuto dei due, Elena incarica il suo braccio destro Lado (Del Toro) di rapire l’unico punto debole dei ragazzi: O.
Ben e Chon devono sottostare al volere di Elena per tre anni, al termine dei quali Ophelia verrà rilasciata.
I due decidono, però, che la ragazza è troppo importante e tentano il tutto per tutto pur di salvarla, dalle rapine allo stesso cartello Baja al rapimento dell’unico punto debole di Elena: sua figlia.

“Le Belve” è l’ultima fatica del due volte premio Oscar (per la miglior regia), Oliver Stone.
Il film è tratto dall’omonimo libro di Don Winslow, che ha collaborato con Stone scrivendo la sceneggiatura per il film.
Così come fa presagire il titolo, “Le Belve” è un film cruento, quanto il libro, più del libro.
Il mondo del narcotraffico è un mondo animale, di belve più che di uomini. Vige la legge della giungla in esso: sopravvive il più forte; chi non è capace di adattamento soccombe.
Il tema del narcotraffico tra USA e Messico, seppur sdoganato, resta un tema attualissimo di una realtà fatta di politici e agenti corrotti, di narcotrafficanti particolarmente influenti che tengono nelle loro mani le redini di gran parte della politica del sud degli Stati Uniti.
È uno dei maggiori problemi che affliggono l’America (e coloro che cercano di risolverlo) ma è qualcosa di vero (nudo e crudo) che esiste e su cui è giusto richiamare l’attenzione.

Punti di forza del film sono, sicuramente, i suoi interpreti.
Splendido il lavoro messo in atto dalla Hayek  nel creare un “cattivo” ma pieno di sfaccettature diverse, finanche contraddizioni: il sadismo che la contraddistingue si contrappone al ruolo di madre, al bisogno di una madre di avere sua figlia accanto, di avere un qualche tipo di rapporto con la figlia che, invece, la rifiuta, vergognandosene (la battuta che fa più presa su Elena è, probabilmente, quel “Potrei essere tua figlia!” di una Ophelia imprigionata, ormai, da qualche giorno).
Era dai tempi di Donatella Finocchiaro in “Galantuomini” che non vedevamo una donna in panni prettamente maschili.
Dopo la morte del marito, la Reína ha ereditato il cartello Baja. Ha dovuto lasciare il proprio ruolo di madre ed entrare in un mondo al maschile, privo di emozioni o sentimenti, quello che conta è il denaro, il prestigio, il potere; non conta quello che bisogna fare (forse dare la propria anima) per ottenerlo.
Allo stesso tempo, però, la Reína non appare mai nei luoghi dove vengono commessi gli efferati crimini che lei stessa decide.
Elena vive lontana dal mondo delle “belve”, vive rinchiusa nella sua villetta, circondata dagli agi e dai comfort, quasi come a volersi distaccare dalla realtà alla quale lei stessa appartiene.
Il lavoro sporco lo lascia nelle mani del suo braccio destro, Lado, aslias Benicio Del Toro.
Del Toro non è estraneo alla tematica del narcotraffico; come dimenticarsi la sua interpretazione in “Traffic” di Soderbergh. Ancora una volta Del Toro non delude le aspettative e si riconferma uno dei migliori attori della scena hollywoodiana.
Nota di merito anche per la Lively che mostra di affrancarsi dal ruolo della ricca e viziata Serena Van Der Woodsen (il suo ruolo in “Gossip Girl”, tv drama della CW). Bisognerà tener d’occhio i suoi prossimi lavori per vedere se manterrà le aspettative introdotte da questo film.

Altra nota caratteristica del film è il triangolo amoroso.
Mentre sono a cena, Elena dice ad O: “per quanto amino te, devono amarsi più fra di loro se accettano di condividerti”.
È, forse, la forza di questo legame che porta i personaggi a fare ciò che non avrebbero mai pensato di fare.
Ben e Chon vivono a Laguna Beach; i proventi dello spaccio di marijuana servono per condurre una vita quanto mai agiata, in una villa con piscina. Sono quanto più distanti dalla vita delle “belve” messicane.
Tutto cambia quando O viene rapita. Vendono tutte le loro proprietà per riscattarla. E quando ciò si rivela inutile, perfino Ben, che è buddhista e pacifico e cerca di risolvere tutti i contrasti nel mondo meno violento possibile e inorridisce al pensiero di dover uccidere un uomo, non si fa scrupoli nel condannare un uomo innocente (ma poi non così innocente) ad una morte brutale pur di arrivare al suo scopo.

Punto debole del film è, invece, il finale. Stone non ha il coraggio di essere “belva” fino in fondo e decide di lasciare una porta aperta alla speranza. Ma speranza di cosa? Di redenzione evidentemente no visto che la corruzione, la violenza, il narcotraffico non vengono risolti.
Forse la speranza che nonostante gli sbagli compiuti in passato, ci sono sempre porte aperte impreviste sul futuro.
Un po’ troppo buonista per il mondo delle “belve”.

Francesca Magurno

Qui il trailer del film. 
Le Belve
regia: Oliver Stone
Interpreti: Salma Hayek (Elena) Benicio del Toro (Lado) Blake Lively (Ophelia) John Travolta (Dennis) Aaron Johnson (Ben) Taylor Kitsch (Chon)
Sceneggiatura: Don Winslow, Musiche: Adam Peters, Scenografia: Thomas Woth
USA, 2012 Thriller, 131’, Universal Pictures
Valutazione: ***

Skyfall (recensione film)

Skyfall
Nostalgia di Sean
di Francesca Magurno


Istanbul. In missione per conto di Sua Maestà, l’agente doppio 0 più famoso al mondo è impegnato a saltare da un tetto all’altro, lanciato in un inseguimento mozzafiato per recuperare un prezioso file, contenente le identità di tutti gli agenti sottocopertura, caduto nelle mani del cattivo di turno.
E poi, colpo di scena, Bond viene colpito dal fuoco amico. M decide di sacrificarlo per poter recuperare il file ma, missione fallita, il file se ne va, insieme al cattivo.
Il nostro 007, invece, cade; cade dal treno; cade in una cascata; cade in acque dalle quali non sembra più venir fuori.
Niente paura, a dispetto del necrologio, il nostro agente segreto preferito non è morto, si è solo concesso una meritata vacanza. Torna a Londra richiamato dal suo senso di responsabilità e dall’amor patrio quando apprende che la sede dell’MI6 viene fatta esplodere e quando le identità degli agenti sottocopertura vengono poco a poco svelate.
Il cattivo di turno è Raoul Silva, il biondissimo Bardem, ex agente tradito da M che non cerca altro che vendetta contro la stessa.

Un James Bond atipico quello messo in scena da Mendes. Più introspettivo ma anche molto d’azione; forse anche di troppa azione.
Ottimo lo spunto per il retroterra biografico di alcuni personaggi, peccato che non viene messo in scena.
Non si capisce, per esempio, l’ossessione di Silva per Sévérine, cos’è che lo smuove?
Non si capisce il motivo per cui M. ha fatto la scelta di sacrificare un singolo agente invece che tutti.
Non si capisce cosa Skyfall rappresenta per James. Ovviamente non torna a casa a causa del dolore per la morte dei genitori e per l’infanzia perduta troppo presto, ma cosa vede davvero nella tenuta di famiglia?
Per lo spettatore che non va solo alla ricerca delle spettacolari scene d’azione, ma vuole un po’ di sano intreccio alla James Bond, tali scelte risultano prive di senso.

L’intento di Mendes è quello di ritornare alle origini ma, in realtà, non fa altro che distaccarsene. I famosi marchingegni di Q. non sono così fantascientifici come ci si aspetterebbe. La famosa Aston Martin di 007 è parcheggiata nel garage di Bond per quasi tutto il film. Anche lo stesso Bond non sembra quello delle origini: è uno 007 stanco, provato dagli anni di fedeltà alla patria. Deve riuscire a rimettersi in gioco per ritrovare se stesso.
Anche le famose “Bond girl” non sono come tutte le “Bond girl” a cui siamo stati abituati.
L’introduzione della bellissima Bérénice Marlohe, Sévérine nel film, sembra un personaggio ideato all’ultimo momento per poter far incontrare 007 e Raoul Silva.
L’unica, vera Bond girl del film è proprio M., nell’interpretazione (meravigliosa!) di Judi Dench. E’ lei al fianco di Bond in questo capitolo della saga. E’ lei al centro del film.

Il film dà, invece, l’impressione di essere un intramezzo fra i film precedenti e la svolta oscura e introspettiva operata da Craig e il probabile ritorno alle origini dei prossimi film, prospettato nel finale: Bond che attende di essere ricevuto da M. e inganna l’attesa flirtando con Miss Moneypenny.
L’unico ambito dove si respira un ritorno alle origini è la soundtrack.
Non al grunge/heavy metal di Chris Cornell, nè al dance pop di Madonna; la “Skyfall” di Adele si avvicina per sonorità e genere più a “Goldfinger” di Shirley Bassey. La canzone la si ritrova come sottofondo alla sequenza dei titoli di testa, subito dopo la caduta di James Bond dal treno, aiutando a creare un atmosfera di decadenza e suspence che predispone lo spettatore nello giusto stato d’animo per rientrare nel film.

Altro punto da salvare è l’interpretazione di Bardem. Il suo Silva è un cattivo multisfaccettato, ossessionato, pazzo. Esattamente quello che dovrebbe essere un “cattivo” bondiano.
Bardem si conferma, con questa interpretazione, come uno dei migliori attori del panorama cinematografico internazionale.

In fin dei conti, Skyfall appare come un bel film d’azione ma non come un film targato Bond.
Probabilmente si ritornerà ai misteriosi intrecci alla Fleming nei prossimi film.

Per ingannare l’attesa, un ripasso dell’era “conneriana” non fa male.
Francesca Magurno
Qui il trailer del film. 

SKYFALL
Regia: Sam Mendes
Interpreti: Daniel Craig (James Bond) Judi Dench (M.) Javier Bardem (Raoul Silva) Ralph Fiennes (Gareth Mallory) Naomie Harris (Eve Moneypenny) Bérénice Marlohe (Sévérine) Ben Wishaw (Q.)
Sceneggiatura: John Logan, Neal Purvis, Robert Wade
Azione, 143min – USA, Gran Bretagna, 2012, Sony Pictures
Valutazione: ***


Viva L'Italia

Viva l’Italia
“Svegliatevi italiani brava gente” vorrebbe dire Massimiliano Bruno
di Francesca Magurno
 

C’è proprio tutta l’Italia, nel nuovo film di Massimiliano Bruno.
C’è l’attricetta mediocre ma figlia dell’onorevole di turno e, dunque, raccomandata. C’è il figlio che non si mai messo in gioco perché è stato sempre il padre a spianargli la strada; c’è anche il figlio “contro” che, invece, ha sempre voluto cavarsela con le sue gambe.
C’è il manager il cui unico interesse è quello di mostrare, di rilanciare, di apparire; c’è l’ospedale costretto a chiudere dall’ispettore corrotto dal primario della clinica privata; c’è la personalissima escort dell’onorevole, delusa di vedere il suo sogno sfumare quando l’onorevole si ammala.
C’è poi l’onorevole. Un onorevole all’italiana che ha fatto della menzogna, della disonestà e dell’arricchimento personale i suoi cavalli di battaglia politici.
Sullo sfondo, la bella politica; la politica che fu; la politica dei Moro, dei De Gasperi, dei Pertini, dei Berlinguer. La politica dei padri fondatori, coloro che hanno creato la Costituzione, i cui articoli vengono letti dallo stesso regista fino alla fine del film.
Il colpo di scena è la malattia dell’onorevole, una specie di demenza che lo costringe a dire solo ed esclusivamente la verità (un vero dramma se sei un politico!). D’improvviso il partito gli gira le spalle e anche i figli si vedono sottratti l’aiuto dell’influenza del padre.
Il film si sussegue fra vicende un po’ scontate fino al “lieto” finale.

Una moderna satira sociale e politica, quella di Massimiliano Bruno.
Una moderna satira che, in fin dei conti, però, non risulta essere graffiante come potrebbe, come ci si aspetterebbe.
Buoni gli spunti della sceneggiatura: il politico corrotto, la situazione della sanità pubblica, i provini truccati e non meritocratici, le mense pubbliche fornite di cibi di bassa qualità.
Tutto viene affrontato con una sorriso un po’ sornione che fa ridere ma non graffia fino in fondo.
Forse, l’unica scena che esprime tutta la forza di un’Italia che si sta avviando sempre più verso il declino è quella in cui Michele Spagnolo (alias Placido) si addentra in uno scontro fra polizia e popolo in rivolta, rendendosi conto per la prima volta del Paese reale; rendendosi conto per la prima volta la vera situazione del popolo. Di sottofondo la meravigliosa canzone “Italia” di Mino Reitano che in un climax d’emozioni, accompagna tutta la scena.
Chissà come mai, in Italia, per fare satira sociale bisogna essere scontati.
Forse perché nell’Italietta in cui l’apparire conta più dell’essere bisogna essere scontati come scontata è l’apparenza, le frasi fatte che tutti ripetono, anche in politica. Belle a sentirle ma povere di senso.
Ecco, allora, spuntare un film che, senza pretese, mostra l’Italia nelle sue peggiori sfaccettature; un film che, semplicemente, fotografa l’Italia attuale.
Un film che fa anche ridere, ma di un riso amaro; il riso amaro che scaturisce dalla verità della condizione del nostro Paese. Il riso amaro di coloro che si rispecchiano nel meraviglioso monologo finale dell’eccezionale Michele Placido il quale ammonisce il popolo: per far sì che gli “onorevoli” non si approfittino più, bisogna pretendere di conoscere la verità.
L’unico dubbio che alla fine rimane è: bisogna aspettare che questa stessa malattia colpisca tutta la nostra classe dirigente, per sentirsi dire, finalmente, la verità?!

Francesca Magurno


VIVA L’ITALIA
Regia: Massimiliano Bruno
Interpreti: Michele Placido (Michele Spagnolo) Alessandro Gassamn (Valerio Spagnolo) Raoul Bova (Riccardo Spagnolo) Ambra Angiolini (Susanna Spagnolo) Rocco Papaleo (Tony)  Edoardo Leo (Marco)
Soggetto: Massimiliano Bruno, Edoardo Maria Falcone
Sceneggiatura: Massimiliano Bruno, Edoardo Maria Falcone